Costruito proprio all’inizio di via Venezia o come tutti la chiamano “la Muraglia di Bari”, Palazzo Andidero è un esempio di integrazione di architettura contemporanea in un tessuto edilizio storico.
Interessante risulta l’analogia tra il fortino di Sant’Antonio, poco distante, ed il Palazzo Andidero: lo sperone acuminato, il muro a scarpa, le pareti cieche tagliate dalle feritoie e dalle bocche di fuoco dell’architettura militare vengono elaborati in un basamento obliquo, nello spigolo appuntito e nel muro pieno, rivestito di pietra rigata del palazzo.
Architettura
La costruzione, rivestita con lastre rigate di pietra di Ruvo, si sviluppa su cinque livelli. Ampi spazi liberi in corrispondenza del basamento, accolgono garage e uffici; al di sopra, due piani da tre alloggi tipo e un attico arretrato, sono collegati da una rampa di scale. Una lunga finestra a nastro segna il distacco con i volumi delle residenze, in una successione di rientranze e aggetti. Le finestre orizzontali, dall’ altezza contenuta e le vetrate d’angolo, spezzano la monotonia della scatola muraria, rivitalizzando i volumi.
La cancellata dell’artista Raffaele Spizzico
Nel 1991, il palazzo è stato impreziosito dalla cancellata bronzea dello scultore barese Raffaele Spizzico.
L’artista aveva il suo studio nei pressi di Piazza del Ferrarese e con la realizzazione di questa cancellata “oltrepassa il confine tra realtà e informale, mettendo a frutto una tecnica sempre altissima di preziosismi di calcolate simmetrie, di giochi geometrici e di sofisticate astrazioni”.
La creazione di Spizzico ripropone stilemi e temi medievali. Non solo nelle figurazioni, ma anche nella strutturazione dell’opera. Infatti le varie formelle di bronzo, con immagini in serie, inserite in una griglia geometrica, ricordano il medesimo modo con cui procedevano anche gli artigiani medievali che forgiarono le porte bronzee delle cattedrali di Puglia.
Nelle formelle si ravvisa immediatamente una figura tipica della ceramica di Spizzico: il volto «raggiante», interpretato da alcuni come la dea Pomona (dea romana dei frutti e simbolo di abbondanza e fertilità), ma verosimilmente immagine solare (nella cancellata altre, più piccole, placchette rappresentano il sole; mentre all’astro rimandano le formelle quadrate o rettangolari con spirali, suo simbolo per eccellenza).
A calare l’opera nel contesto barese, ecco formelle che riproducono la bottiglia della manna di San Nicola, la colonna infame di Piazza Mercantile, la facciata della Basilica di San Nicola.